Luigi Ventriglia

La leggerezza è abbandonare i sogni inutili, la freddezza, l’egoismo, anche se sono occhi belli, volti armoniosi, perché dove c’è freddezza c’è disinteresse o vuoto. Bisogna non amare chi ti ama e non ami. Bisogna non amare chi ami e non ti ama. La leggerezza, in fondo, è una cosa semplice.

Finalmente ritrovarsi negli attimi, come sassi levigati dal tuo mare, dalle tue onde; ricucire gli strappi e indossare la veste della domenica. Scoprire di non aver perso nulla, che ogni scelta, in fondo, è stata tua, sempre tua; accarezzare tutti i tuoi errori, schiaffeggiare la tua perfezione. Ritrovare il sapore del pane nelle lacrime, il tuo profumo in ogni profumo straniero che cercherai, che hai sempre cercato. Respirare finalmente anche con gli occhi; parlare e cantare con la tua voce, la tua vera voce, senza più esitazioni. E, come gli eterni, ritrovare il lusso del tempo e dei sorrisi.

Non è importante quando sarà grande l’onda che ti travolgerà, che ti farà gridare nel freddo vento: “Natura cieca, senza Dio, senza pietà!” D’importante resterà sempre il tuo sogno, linea tracciata dai tuoi occhi dove farai battere la prua; d’importante resterà sempre il tuo viaggio, ancora più importante da farti dimenticare il sogno. Senza destinazione, lascerai il sale ai margini degli occhi, senza alcuna lacrima, sempre nel sole, senza più paure, come dono del mare.

Troveremo il luogo, troveremo il tempo per gli abbracci perfetti, senza il dover avere, senza il dover dare. Troveremo la bocca della clessidra per le parole che non ci siamo detti, senza richieste, senza perché, sorrisi e lacrime, saranno come la musica di una canzone bella; e allora gli ultimi istanti forse non saranno più gli ultimi; il cuore batterà forte senza più corse, senza più richieste, soltanto per essere ascoltato. Torneremo più forti noi e torneranno più forti i nostri sorrisi in quel luogo che forse non esiste, dove, persi nei giorni, nel caos, ad occhi chiusi, vanno a finire le nostre preghiere.