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Visualizzazione dei post da dicembre, 2019

Buon Natale!

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Troveremo il luogo, troveremo il tempo

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Troveremo il luogo, troveremo il tempo per gli abbracci perfetti, senza il dover avere, senza il dover dare. Troveremo la bocca della clessidra per le parole che non ci siamo detti, senza richieste, senza perché, sorrisi e lacrime, saranno come la musica di una canzone bella; e allora gli ultimi istanti forse non saranno più gli ultimi; il cuore batterà forte senza più corse, senza più richieste, soltanto per essere ascoltato. Torneremo più forti noi e torneranno più forti i nostri sorrisi in quel luogo che forse non esiste, dove, persi nei giorni, nel caos, ad occhi chiusi, vanno a finire le nostre preghiere.

Briciole di pane e vino rosso

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Briciole di pane e vino rosso, due sguardi che s’incontrano dopo tempo. Amici, la felicità non ha scadenza, non ha tempo, non è mai troppo tardi per un sorriso che accenda la strada come il sole fa in un giorno d’agosto. Silenzioso testimone dei vostri sguardi timidi, che commozione, te tenerezza la vostra paura. Le parole si perdono coperte dalla vita delle risate, dei giochi dei vostri bambini, doni inestimabili di tutto ciò che vi ha separato. Amici miei non è mai troppo tardi per essere felici. Quanta tenerezza, quanta poesia nei vostri sguardi bassi, nei vostri discorsi impauriti, lasciati nudi nel vento del tempo, come quasi sussurri.

Quasi un bacio

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Lunghi capelli ricci, neri, e pelle candida. La mia lingua come cucchiaio per il tuo sudore. Sussurri che sanno di albe e di morte, suono di felicità, umidità sputata nel vento giallo di un pomeriggio indistinto, silenzioso. Soltanto un attimo fa la tua pelle sapeva di sapone, ora ha già accolto il canto di mille storie più vere di quelle fatte di parole. Il cuscino si fa sponda per il sale delle tue lacrime che si lasciano cadere dagli scogli pendenti dei tuoi grandi occhi neri, e per la saliva di un tuo sorriso che, improvviso, invade la piccola stanza come canto profumato. Come si fa a non amare il silenzio quando c’è un cuore che batte come il galoppo di un funerale maestoso, come rollio di tamburi di un banchetto cannibale. Improvvisi come meteore non sappiamo di futuro, non sappiamo di passato e nemmeno di presente; siamo soltanto di quest’attimo, un soffio d’alito che vorrebbe raccontarci, nostro figlio fatto d’emozione,

Come un vichingo con il mal di mare

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Voglia di fuggirmene via, lontano, oltre le imposte impolverate di questo edificio, verso quella strada, quel sole nascosto dalle carte, per abbracciare un lavoro mio, per voglia di svegliarmi con un sorriso e di addormentarmi stanco con un altro sorriso. Come vichinghi con il mal di mare, quanti lavori non nostri siamo costretti a svolgere, quante mani da stringere, e nel modo giusto, quanti sorrisi di cartapesta, quanti coltelli profumati al sapore di gomme per cancellare, quanto cuore spento. E così ci dimentichiamo la vita e abbracciamo storditi e grati la sopravvivenza.

Solo a due chilometri dal mare

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Qualche anno fa, da giovanissimo, pomeriggio di mutande e piedi nudi, sul pavimento polveroso di casa, ai confini di un agosto di città, eterno, silenzioso, atroce come parole non dette, come baci non dati. In lontananza, il sibilo assordante di un aereo che prendeva il volo, vicino, il tintinnio inesistente di un uccello sulla ringhiera, tra le piante, sul balcone, tra il giallo, l’arancione e il blu di un sole nascosto. Pomeriggio da non pensare, da non avere passato, futuro e sogni, da schiaffarsi in faccia un sorriso, finto o vero, che importa; da prepararsi una valigia zingara e partire!

Un sorriso, i tuoi occhi all’improvviso

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Una volta, tanto tempo fa t’incontrai in una notte di stelle; c’era il vento ad accarezzare i tuoi capelli corti e, dall’altra parte del mondo, il sole appena fuggito, a riscaldare i miei sogni infiniti, eppure ancora bambini. Ho dimenticato, ho dimenticato tutto, eppure ricordo ancora la tua danza nel vuoto, sospesa nell’aria che si confondeva col mare. Angelo senz’ali e senza luce, di quelli che piacciono agli umani, chissà dove sei, chissà come stai, chissà qual è adesso il nome che porti. Agosto ruggiva e noi, sicuri della nostra gioventù, lo denigravamo. Ho dimenticato, ho dimenticato tutto, eppure, eppure ricordo ancora, come se fosse ora un sorriso, un istante preciso, i tuoi occhi all’improvviso, capaci di un mare salato e di mille giorni di sole.

A volte sogno...

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A volte sogno dei nostri passi sulla sabbia umida di una spiaggia nascosta alla fine di un’estate, persa in una notte infinita. Bevo il mare dalla tua bocca, ascolto le nostre voci ansimanti, vergognate, silenziose e, come musica, i discorsi dei pescatori che stanno già preparando le reti nella tarda sera ischitana. Ora inizio a capire perché le mani raggrinzite amano stringere. Quando e se sarò davvero vecchio, quando e se sarò davvero saggio, l’unico insegnamento che potrò dare ai giovani sarà finalmente soltanto uno: Quant’è breve la vera gioventù!

Grazie Vomero Magazine!

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Grazie Vomero Magazine! #ConcorsoFotograficoVomeroMagazine2019 #OpenDayVomeroMagazine #Calendario2020 #LuigiVentriglia