Il vizio di vivere - La straordinaria storia di Rosanna Benzi
Ricordo
ancora quando la vidi per la prima volta, sulle pagine di un Gente acquistato da mia madre, in un
lontano pomeriggio degli anni ’80; e ricordo ancora tutta quella strana paura
che mi assalì nel vedere quelle sue foto in bianco e nero. Sapevo a stento
leggere, eppure ricordo di aver letto tutto quel lungo articolo, velocemente e
quasi di nascosto, come se mi vergognassi di esternare quella mia improvvisa,
strana paura; ma, appena terminata quella mia lettura “nascosta”, la paura non
c’era quasi più ed i colori stavano tornando. Si sa, i bambini sono anche dei
magnifici egoisti, dei piccoli uomini ai quali paura e curiosità a volte
giocano davvero brutti scherzi.
Quel giorno io ero diventato un po’ più uomo. Forse quella era la prima volta che venivo in maniera così diretta e coinvolgente a contatto con la malattia e l’handicap. Improvvisamente, io bambino di 8 anni, m’immedesimai in una situazione lontanissima dalla mia e mi ritrovai anch’io chiuso in una macchina che mi permettesse di continuare a vivere per poter guardare negli occhi delle persone che amavo, per poter sentire le loro parole e per continuare a combattere, per quel che potevo, contro tutte le ingiustizie e le discriminazioni del mondo.
A pensarci, nonostante non siano passati in fondo troppi anni, e purtroppo la strada da percorrere in tal senso sia ancora tanta, quelli erano ancora altri tempi, sotto alcuni aspetti molto più brutti dei nostri, e di solito per strada o a scuola incontravi soltanto gente che camminava sulle proprie gambe, e Gli Altri restavano ancora un po’ nascosti. Da allora, nei momenti di difficoltà, mi è capitato spesso di pensare ai suoi occhi, sorridenti, nonostante tutto.
Quel giorno io ero diventato un po’ più uomo. Forse quella era la prima volta che venivo in maniera così diretta e coinvolgente a contatto con la malattia e l’handicap. Improvvisamente, io bambino di 8 anni, m’immedesimai in una situazione lontanissima dalla mia e mi ritrovai anch’io chiuso in una macchina che mi permettesse di continuare a vivere per poter guardare negli occhi delle persone che amavo, per poter sentire le loro parole e per continuare a combattere, per quel che potevo, contro tutte le ingiustizie e le discriminazioni del mondo.
A pensarci, nonostante non siano passati in fondo troppi anni, e purtroppo la strada da percorrere in tal senso sia ancora tanta, quelli erano ancora altri tempi, sotto alcuni aspetti molto più brutti dei nostri, e di solito per strada o a scuola incontravi soltanto gente che camminava sulle proprie gambe, e Gli Altri restavano ancora un po’ nascosti. Da allora, nei momenti di difficoltà, mi è capitato spesso di pensare ai suoi occhi, sorridenti, nonostante tutto.
Rosanna
Benzi era una donna libera, di una libertà intelligente, sensibile ed ironica
che era pur riuscita ad accettare le barriere imposte dalla malattia, ma che
non avrebbe mai accettato le barriere insormontabili piazzate dai pregiudizi e
dal disinteresse degli uomini. Sicuramente la parola “passività” non faceva
parte del suo vocabolario. Era come un faro, messo lì, ad illuminare il mare
notturno, una voce di coraggio e dolcezza ad accarezzare tutti quelli che per
una ragione o per un’altra erano rimasti “invisibili” agli occhi del mondo.
Rosanna
era poco più che una bambina quando, a 13 anni, nella primavera del 1962, fu
colpita dalla poliomielite in una delle sue forme più gravi, quella
bulbo-spinale, che le causò una tetraplegia e una grave insufficienza
respiratoria. La sua famiglia, originaria del comune piemontese di Morbello,
nell’Alessandrino, fu costretta a trasferire la ragazzina a Genova, presso la
struttura ospedaliera San Martino, in quanto più qualificata per curare tali
patologie.
Poco dopo Rosanna sarebbe entrata nel polmone d’acciaio “il mio scaldabagno”, come lei qualche volta lo chiamava con profonda ironia, per non uscirne più, tranne che in qualche rara occasione; e quella stanzetta al pian terreno del pronto soccorso dell’ospedale San Martino sarebbe stata la sua casa per tutto il resto della sua vita. Ma non passò molto tempo e quella sua piccola casa si affollò di persone, richiamate dalla sua intelligenza sensibile, forte ed ironica e dalla sua imbattibile voglia di vivere.
L’Italia ed il mondo iniziarono a conoscere meglio la sua storia quando Papa Roncalli, Giovanni XXIII, il 29 maggio 1963, pochi giorni prima di morire, le scrisse una bellissima lettera nella quale la ringraziava per quella sua voglia di vivere. Nei suoi 29 anni trascorsi nel polmone d’acciaio Rosanna ha saputo vincere la malattia a modo suo, intessendo tantissime relazioni forti ed importanti. La sua è stata una vita ricchissima di amicizie, di profondi legami umani e di lavoro. “Credo che la vita vada sempre vissuta comunque, perché non vivere è essere sconfitti. E non credo che sia giusto, essere sconfitti”, queste le sue parole.
Poco dopo Rosanna sarebbe entrata nel polmone d’acciaio “il mio scaldabagno”, come lei qualche volta lo chiamava con profonda ironia, per non uscirne più, tranne che in qualche rara occasione; e quella stanzetta al pian terreno del pronto soccorso dell’ospedale San Martino sarebbe stata la sua casa per tutto il resto della sua vita. Ma non passò molto tempo e quella sua piccola casa si affollò di persone, richiamate dalla sua intelligenza sensibile, forte ed ironica e dalla sua imbattibile voglia di vivere.
L’Italia ed il mondo iniziarono a conoscere meglio la sua storia quando Papa Roncalli, Giovanni XXIII, il 29 maggio 1963, pochi giorni prima di morire, le scrisse una bellissima lettera nella quale la ringraziava per quella sua voglia di vivere. Nei suoi 29 anni trascorsi nel polmone d’acciaio Rosanna ha saputo vincere la malattia a modo suo, intessendo tantissime relazioni forti ed importanti. La sua è stata una vita ricchissima di amicizie, di profondi legami umani e di lavoro. “Credo che la vita vada sempre vissuta comunque, perché non vivere è essere sconfitti. E non credo che sia giusto, essere sconfitti”, queste le sue parole.
Nel
suo impegno instancabile a fianco degli ultimi, tantissime le personalità con
le quali lei venne in contatto, del mondo della politica come Sandro Pertini, Alessandro
Natta, Oscar Luigi Scalfaro, o Mario Capanna che la propose per la carica di
senatore a vita, e del mondo della
cultura, dell’informazione e dello spettacolo, soltanto per citarne alcune, Dario
Fo, Gaspare Barbiellini Amidei, Raffaella Carrà, o personalità come Gianni
Rivera, e poi tante, tantissime persone comuni che l’hanno amata per quello che
era: una donna eccezionale, che amava definirsi normale.
Una volta Primo Levi le scrisse una bellissima lettera: “Ma vedi, lo dico senza ironia, non tutti dispongono di un osservatorio privilegiato come il tuo, e come in misura ben minore, e solo per pochi anni è stato il mio. L’effetto della sventura è imprevedibile: ciascuno di noi possiede riserve che nessuno conosce, neppure lui stesso. Tu ne hai attinto una sapienza che sorprende: hai imparato a cercare soddisfazione nelle cose che hai, non in quelle che ti mancano; hai sperimentato che tutte le esperienze, anche le più dure, possono arricchire, e sei diventata ricca”.
Una volta Primo Levi le scrisse una bellissima lettera: “Ma vedi, lo dico senza ironia, non tutti dispongono di un osservatorio privilegiato come il tuo, e come in misura ben minore, e solo per pochi anni è stato il mio. L’effetto della sventura è imprevedibile: ciascuno di noi possiede riserve che nessuno conosce, neppure lui stesso. Tu ne hai attinto una sapienza che sorprende: hai imparato a cercare soddisfazione nelle cose che hai, non in quelle che ti mancano; hai sperimentato che tutte le esperienze, anche le più dure, possono arricchire, e sei diventata ricca”.
Anche
chi, come me, non ha avuto l’onore d’incontrarla la ricorda per tutto il suo
altruismo, la sua positività, la sua voglia, lei immobile, di entrare fin nelle
ultime stanze del mondo, quelle degli ultimi, dei dimenticati.
Già
nel 1976 (all’età di 28 anni) Rosanna Benzi fondò e diresse la rivista “Gli
Altri” dalle cui meravigliose pagine lanciò importanti e, per l’epoca, quasi rivoluzionarie
campagne di sensibilizzazione nei confronti dei temi dell’handicap e
dell’emarginazione sociale, tra le quali vanno ricordate la campagna contro le
barriere architettoniche e per l’abbattimento dell’IVA sui presidi ortopedici;
una grande eco ebbero anche le sue coraggiose inchieste su handicap e diritto
alla sessualità e quelle sul disumano trattamento riservato ai malati
psichiatrici internati nelle strutture manicomiali.
Tra i suoi scritti vanno inoltre ricordati “Il vizio di vivere” (Rusconi, 1984), sua autobiografia che all’epoca fu un bestseller con 19 edizioni, oggi quasi introvabile, e “Girotondo in una stanza” (Rusconi, 1987), formato da un campione delle tantissime lettere che le erano giunte e che costituivano un armonioso coro di diversità, nel quale la voce di Rosanna si inserisce con molta discrezione dicendo ciò che pensa sui vari temi sottopostigli, e accettando volentieri anche il dialogo con chi ha opinioni diverse dalle sue.
Tra i suoi scritti vanno inoltre ricordati “Il vizio di vivere” (Rusconi, 1984), sua autobiografia che all’epoca fu un bestseller con 19 edizioni, oggi quasi introvabile, e “Girotondo in una stanza” (Rusconi, 1987), formato da un campione delle tantissime lettere che le erano giunte e che costituivano un armonioso coro di diversità, nel quale la voce di Rosanna si inserisce con molta discrezione dicendo ciò che pensa sui vari temi sottopostigli, e accettando volentieri anche il dialogo con chi ha opinioni diverse dalle sue.
Questo
suo coraggioso ed instancabile impegno misto a una levatura morale di
prim’ordine, ad una intelligenza viva e schietta che riusciva ad infondere
ottimismo nell’animo di tutti coloro che soltanto sfioravano la sua esistenza e
ad una particolare dolcezza tutta femminile, resero la sua voce una delle più
autorevoli ed ascoltate per quel che riguarda la lotta per i diritti dei
disabili. Ma prima di essere un simbolo, va detto che Rosanna Benzi era
innanzitutto una donna assetata di gioia e serena normalità, una donna che ha
cercato di vivere al meglio quei suoi ultimi 29 anni di vita, trascorsi in un
polmone d’acciaio, che ha amato ed è stata contraccambiata, e che per un
periodo ha anche coltivato il desiderio di avere un figlio “Ma averlo sarebbe
stato un atto di egoismo, non d’amore. Un bambino ha bisogno di essere tenuto
in braccio da sua madre”, queste le sue parole, mai come oggi tanto attuali.
Sicuramente,
oltre alla sua grande notorietà, fu anche e soprattutto la sua straordinaria
umanità a far riempire la cattedrale di San Lorenzo di Genova, dopo che
purtroppo, il 4 febbraio 1991, a nemmeno 43 anni di età, i suoi occhi e la sua
voce smisero di essere di questo mondo.
Lo
straordinario esempio di Rosanna fatto di amore e solidarietà ha lasciato dei
meravigliosi frutti che continuano a germogliare ancora oggi, a 21 anni dalla
sua prematura scomparsa. L’associazione Gli
Altri, nata da un’idea e per volontà di Rosanna, con la casa editrice AbaLibri sta portando avanti una
campagna nelle scuole per continuare a diffondere anche fra i giovanissimi il
suo messaggio e per costituire gruppi di
lavoro che realizzino opere dedicate alla Benzi e al suo grande impegno civile.
A chi volesse saperne di più, consiglio di leggere “Il mondo di Rosanna Benzi” a
cura di Saverio Paffumi. Il libro, pubblicato da AbaLibri lo scorso anno, in occasione del ventesimo anniversario
della scomparsa della donna, contiene una galleria di interviste, testimonianze
e foto inedite e i due libri cult introvabili da anni: l'autobiografia “Il
vizio di vivere” e una selezione della sua corrispondenza “Girotondo in una stanza”.
La
storia di Rosanna Benzi dovrebbe restare scritta nei nostri cuori, dovrebbe
inumidire i nostri occhi spesso di uomini distratti e ‘nonostante tutto’
dovrebbe stamparci un sorriso sui nostri volti spesso troppo cupi, perché è
la storia di una donna coraggio, che da
una camera di ospedale ha saputo intessere relazioni importanti, ha saputo
amare fino all’ultimo con una attenzione davvero particolare rivolta a tutto
ciò che era umano e, attraverso una intensa fede di cui non amava parlare, non
ha mai smesso di amare Dio; perché è la storia di una donna che, trasformando
la propria sofferenza in poesia, ha saputo combattere senza tregua, con tutte
le forze che le erano concesse, contro ogni forma di discriminazione. Grazie
Rosanna per aver saputo rendere con la tua Vita questo mondo un po’ più bello.
Questo e tanti altri articoli nel nostro numero di
Settembre 2012
Luigi Ventriglia (Mensile “Lo Strillo”)
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