Il vizio di vivere - La straordinaria storia di Rosanna Benzi


Ricordo ancora quando la vidi per la prima volta, sulle pagine di un Gente acquistato da mia madre, in un lontano pomeriggio degli anni ’80; e ricordo ancora tutta quella strana paura che mi assalì nel vedere quelle sue foto in bianco e nero. Sapevo a stento leggere, eppure ricordo di aver letto tutto quel lungo articolo, velocemente e quasi di nascosto, come se mi vergognassi di esternare quella mia improvvisa, strana paura; ma, appena terminata quella mia lettura “nascosta”, la paura non c’era quasi più ed i colori stavano tornando. Si sa, i bambini sono anche dei magnifici egoisti, dei piccoli uomini ai quali paura e curiosità a volte giocano davvero brutti scherzi. 

Quel giorno io ero diventato un po’ più uomo. Forse quella era la prima volta che venivo in maniera così diretta e coinvolgente a contatto con la malattia e l’handicap. Improvvisamente, io bambino di 8 anni, m’immedesimai in una situazione lontanissima dalla mia e mi ritrovai anch’io chiuso in una macchina che mi permettesse di continuare a vivere per poter guardare negli occhi delle persone che amavo, per poter sentire le loro parole e per continuare a combattere, per quel che potevo, contro tutte le ingiustizie e le discriminazioni del mondo. 

A pensarci, nonostante non siano passati in fondo troppi anni, e purtroppo la strada da percorrere in tal senso sia ancora tanta, quelli erano ancora altri tempi, sotto alcuni aspetti molto più brutti dei nostri, e di solito per strada o a scuola incontravi soltanto gente che camminava sulle proprie gambe, e Gli Altri  restavano ancora un po’ nascosti. Da allora, nei momenti di difficoltà, mi è capitato spesso di pensare ai suoi occhi, sorridenti, nonostante tutto.
Rosanna Benzi era una donna libera, di una libertà intelligente, sensibile ed ironica che era pur riuscita ad accettare le barriere imposte dalla malattia, ma che non avrebbe mai accettato le barriere insormontabili piazzate dai pregiudizi e dal disinteresse degli uomini. Sicuramente la parola “passività” non faceva parte del suo vocabolario. Era come un faro, messo lì, ad illuminare il mare notturno, una voce di coraggio e dolcezza ad accarezzare tutti quelli che per una ragione o per un’altra erano rimasti “invisibili” agli occhi del mondo.

Rosanna era poco più che una bambina quando, a 13 anni, nella primavera del 1962, fu colpita dalla poliomielite in una delle sue forme più gravi, quella bulbo-spinale, che le causò una tetraplegia e una grave insufficienza respiratoria. La sua famiglia, originaria del comune piemontese di Morbello, nell’Alessandrino, fu costretta a trasferire la ragazzina a Genova, presso la struttura ospedaliera San Martino, in quanto più qualificata per curare tali patologie. 

Poco dopo Rosanna sarebbe entrata nel polmone d’acciaio “il mio scaldabagno”, come lei qualche volta lo chiamava con profonda ironia, per non uscirne più, tranne che in qualche rara occasione; e quella stanzetta al pian terreno del pronto soccorso dell’ospedale San Martino sarebbe stata la sua casa per tutto il resto della sua vita. Ma non passò molto tempo e quella sua piccola casa si affollò di persone, richiamate dalla sua intelligenza sensibile, forte ed ironica e dalla sua imbattibile voglia di vivere. 

L’Italia ed il mondo iniziarono a conoscere meglio la sua storia quando Papa Roncalli, Giovanni XXIII, il 29 maggio 1963, pochi giorni prima di morire, le scrisse una bellissima lettera nella quale la ringraziava per quella sua voglia di vivere. Nei suoi 29 anni trascorsi nel polmone d’acciaio Rosanna ha saputo vincere la malattia a modo suo, intessendo tantissime relazioni forti ed importanti. La sua è stata una vita ricchissima di amicizie, di profondi legami umani e di lavoro. “Credo che la vita vada sempre vissuta comunque, perché non vivere è essere sconfitti. E non credo che sia giusto, essere sconfitti”, queste le sue parole.

Nel suo impegno instancabile a fianco degli ultimi, tantissime le personalità con le quali lei venne in contatto, del mondo della politica come Sandro Pertini, Alessandro Natta, Oscar Luigi Scalfaro, o Mario Capanna che la propose per la carica di senatore a vita,  e del mondo della cultura, dell’informazione e dello spettacolo, soltanto per citarne alcune, Dario Fo, Gaspare Barbiellini Amidei, Raffaella Carrà, o personalità come Gianni Rivera, e poi tante, tantissime persone comuni che l’hanno amata per quello che era: una donna eccezionale, che amava definirsi normale. 

Una volta Primo Levi le scrisse una bellissima lettera: “Ma vedi, lo dico senza ironia, non tutti dispongono di un osservatorio privilegiato come il tuo, e come in misura ben minore, e solo per pochi anni è stato il mio. L’effetto della sventura è imprevedibile: ciascuno di noi possiede riserve che nessuno conosce, neppure lui stesso. Tu ne hai attinto una sapienza che sorprende: hai imparato a cercare soddisfazione nelle cose che hai, non in quelle che ti mancano; hai sperimentato che tutte le esperienze, anche le più dure, possono arricchire, e sei diventata ricca”.

Anche chi, come me, non ha avuto l’onore d’incontrarla la ricorda per tutto il suo altruismo, la sua positività, la sua voglia, lei immobile, di entrare fin nelle ultime stanze del mondo, quelle degli ultimi, dei dimenticati.
Già nel 1976 (all’età di 28 anni) Rosanna Benzi fondò e diresse la rivista “Gli Altri” dalle cui meravigliose pagine lanciò importanti e, per l’epoca, quasi rivoluzionarie campagne di sensibilizzazione nei confronti dei temi dell’handicap e dell’emarginazione sociale, tra le quali vanno ricordate la campagna contro le barriere architettoniche e per l’abbattimento dell’IVA sui presidi ortopedici; una grande eco ebbero anche le sue coraggiose inchieste su handicap e diritto alla sessualità e quelle sul disumano trattamento riservato ai malati psichiatrici internati nelle strutture manicomiali. 

Tra i suoi scritti vanno inoltre ricordati “Il vizio di vivere” (Rusconi, 1984), sua autobiografia che all’epoca fu un bestseller con 19 edizioni, oggi quasi introvabile, e “Girotondo in una stanza” (Rusconi, 1987), formato da un campione delle tantissime lettere che le erano giunte e che costituivano un armonioso coro di diversità, nel quale la voce di Rosanna si inserisce con molta discrezione dicendo ciò che pensa sui vari temi sottopostigli, e accettando volentieri anche il dialogo con chi ha opinioni diverse dalle sue.

Questo suo coraggioso ed instancabile impegno misto a una levatura morale di prim’ordine, ad una intelligenza viva e schietta che riusciva ad infondere ottimismo nell’animo di tutti coloro che soltanto sfioravano la sua esistenza e ad una particolare dolcezza tutta femminile, resero la sua voce una delle più autorevoli ed ascoltate per quel che riguarda la lotta per i diritti dei disabili. Ma prima di essere un simbolo, va detto che Rosanna Benzi era innanzitutto una donna assetata di gioia e serena normalità, una donna che ha cercato di vivere al meglio quei suoi ultimi 29 anni di vita, trascorsi in un polmone d’acciaio, che ha amato ed è stata contraccambiata, e che per un periodo ha anche coltivato il desiderio di avere un figlio “Ma averlo sarebbe stato un atto di egoismo, non d’amore. Un bambino ha bisogno di essere tenuto in braccio da sua madre”, queste le sue parole, mai come oggi tanto attuali.

Sicuramente, oltre alla sua grande notorietà, fu anche e soprattutto la sua straordinaria umanità a far riempire la cattedrale di San Lorenzo di Genova, dopo che purtroppo, il 4 febbraio 1991, a nemmeno 43 anni di età, i suoi occhi e la sua voce smisero di essere di questo mondo.

Lo straordinario esempio di Rosanna fatto di amore e solidarietà ha lasciato dei meravigliosi frutti che continuano a germogliare ancora oggi, a 21 anni dalla sua prematura scomparsa. L’associazione Gli Altri, nata da un’idea e per volontà di Rosanna, con la casa editrice AbaLibri sta portando avanti una campagna nelle scuole per continuare a diffondere anche fra i giovanissimi il suo messaggio e per costituire  gruppi di lavoro che realizzino opere dedicate alla Benzi e al suo grande impegno civile. A chi volesse saperne di più, consiglio di leggere “Il mondo di Rosanna Benzi” a cura di Saverio Paffumi. Il libro, pubblicato da AbaLibri lo scorso anno, in occasione del ventesimo anniversario della scomparsa della donna, contiene una galleria di interviste, testimonianze e foto inedite e i due libri cult introvabili da anni: l'autobiografia “Il vizio di vivere” e una selezione della sua corrispondenza “Girotondo in una stanza”.

La storia di Rosanna Benzi dovrebbe restare scritta nei nostri cuori, dovrebbe inumidire i nostri occhi spesso di uomini distratti e ‘nonostante tutto’ dovrebbe stamparci un sorriso sui nostri volti spesso troppo cupi, perché è la  storia di una donna coraggio, che da una camera di ospedale ha saputo intessere relazioni importanti, ha saputo amare fino all’ultimo con una attenzione davvero particolare rivolta a tutto ciò che era umano e, attraverso una intensa fede di cui non amava parlare, non ha mai smesso di amare Dio; perché è la storia di una donna che, trasformando la propria sofferenza in poesia, ha saputo combattere senza tregua, con tutte le forze che le erano concesse, contro ogni forma di discriminazione. Grazie Rosanna per aver saputo rendere con la tua Vita questo mondo un po’ più bello.


Questo e tanti altri articoli nel nostro numero di Settembre 2012

Luigi Ventriglia (Mensile “Lo Strillo”)

Commenti

Post popolari in questo blog

Ho sempre voluto accarezzare l’orizzonte e il tramonto...

Bisogna potenziare la raccolta degli oli esausti per un futuro sostenibile!

Ricordando Totò - 50 Anni dalla scomparsa del grande Totò