L'Eni di Enrico Mattei - Intellettuali, arte e impresa, gli anni dell'utopia - I grandi documentari (1950 - 1968) in vendita su Amazon/libri
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“Il nome della rivista “Il Gatto Selvatico” era la traduzione letterale di “wild cat”, locuzione con la quale i pionieri americani dell’Ottocento chiamavano il pozzo destinato all’estrazione del petrolio sito in zone ignote. Questo gatto si faceva sinonimo di libertà, una libertà scaturita dal cuore stesso dell’azienda, e che, in quanto tale, aveva anche l’ipotetico potere di contrapporsi ad essa, soprattutto se si pensa all’altra mitica icona che rappresentava fedelmente l’Eni in Italia e nel mondo: quella del Cane a sei zampe.
Questo “gatto” riassumeva bene il modo di porsi dell’artista nei confronti della modernità; era un animale domestico ed al contempo selvaggio e libero, sempre pronto a compiere un balzo che rompesse le regole imposte dall’ordinamento aziendale.
Finché ci fu Mattei questo gatto fu lasciato libero di girare nelle stanze alte dell’Eni, di compiere meravigliosi salti nella società del tempo e di graffiare la tela delle consuetudini, dipingendo straordinari scenari di modernità; dopo fu tutta un’altra storia, e si preferì tenere soltanto il docile cane.
Questi radicali cambiamenti non riguardarono soltanto l’Eni, ma l’intera classe imprenditoriale italiana…”
Questo “gatto” riassumeva bene il modo di porsi dell’artista nei confronti della modernità; era un animale domestico ed al contempo selvaggio e libero, sempre pronto a compiere un balzo che rompesse le regole imposte dall’ordinamento aziendale.
Finché ci fu Mattei questo gatto fu lasciato libero di girare nelle stanze alte dell’Eni, di compiere meravigliosi salti nella società del tempo e di graffiare la tela delle consuetudini, dipingendo straordinari scenari di modernità; dopo fu tutta un’altra storia, e si preferì tenere soltanto il docile cane.
Questi radicali cambiamenti non riguardarono soltanto l’Eni, ma l’intera classe imprenditoriale italiana…”
Questo lavoro si propone di raccontare il fervido programma culturale promosso dall’ente petrolifero italiano durante il suo primo ventennio di esistenza e di illustrare una ristretta selezione di film-documentari scelta dal vasto archivio filmico dell’Eni.
Negli ultimi anni gli archivi dell’industria italiana hanno iniziato ad acquisire un ruolo non marginale tra i giacimenti di memoria dell’età contemporanea.
In tal senso, del resto, soprattutto nell’ultimo trentennio, la ricerca storica ha allargato i suoi strumenti d’indagine rivolgendo progressivamente una sempre maggiore attenzione nei confronti di fonti “non convenzionali”: materiali audiovisivi e fotografici, che sono andate affiancandosi ai documenti cartacei.
Tale ampliamento di prospettive è stato anche favorito da un rinnovato interesse dimostrato da parte di alcune realtà industriali italiane – a partire dalla seconda metà del decennio 1980 – nel voler raccontare la propria storia attraverso la raccolta, la sistemazione e la messa in valore di materiali filmici e fotografici in grado di narrare, anche attraverso suggestioni visive immediate, la storia industriale italiana del secolo da poco trascorso.
Questa immediatezza emozionale permessa dalle immagini ha sicuramente favorito l’incontro del vasto pubblico con ambiti della storia industriale e di costume del nostro Paese che per lunghi anni erano stati spesso trascurati.
Le moderne tecniche di conservazione concesse dalla tecnologia digitale e l’avvento di internet hanno poi permesso di espandere in maniera esponenziale la possibilità di consultazione di questo vasto e prezioso giacimento di memoria.
L’Ente Nazionale Idrocarburi (Eni), compiendo un percorso analogo a quello attuato da altre realtà industriali italiane, si è impegnato in una minuziosa operazione di ricerca e sistemazione dei suoi materiali cartacei, fotografici e audiovisivi che gli permettono oggi di raccontare la sua lunga storia oramai sessantennale.
Nel 2006 l’Eni ha aperto al pubblico il suo archivio storico – l’ASE (Archivio Storico Eni) – di Pomezia (Roma). In tale spazio sono attualmente custodite oltre duemila pellicole per lo più inedite e complessivamente cinquemila unità audiovisive, oltre a una mole impressionante di materiali fotografici e cartacei che, come calcolato, se posti in fila, supererebbero di qualche metro la straordinaria lunghezza di cinque chilometri.
Usando un termine petrolifero, si può parlare di un vasto “giacimento” di testimonianze in grado di raccontarci le aspettative di un Italia appena uscita da un’atroce guerra, e di rendere poi il clima di trasformazioni vissuto nel Paese in quei lontani anni del “boom economico”.
Questo lavoro si pregia infine di una preziosa intervista con il dottor Giuseppe Leuzzi (addetto stampa estero dell’Eni dal 1968 al 1975), caratterizzata da interventi di estrema chiarezza e profonda sincerità.
Questo lavoro si pregia infine di una preziosa intervista con il dottor Giuseppe Leuzzi (addetto stampa estero dell’Eni dal 1968 al 1975), caratterizzata da interventi di estrema chiarezza e profonda sincerità.
In un’epoca molto difficile per il nostro Paese, di “crisi”, spesso morale ancor prima che economica, questo lavoro che si pregia di libera provvisorietà ancor più che di certezze, ha trovato nutrimento dalla speranza di poter ricordare un epoca che, pur tra le sue luci e le sue ombre, era caratterizzata da spirito di servizio, sobrietà e frugalità nei costumi, cose che purtroppo sembrano attualmente mancare a buona parte della nostra attuale classe dirigente, politica e imprenditoriale.
In questo percorso a ritroso, caratterizzato da nostalgia, ma anche da forte speranza e fiducia nel futuro, i materiali cine-documentaristici d’impresa finanziati dall’Eni negli anni 1950-’60 hanno avuto il merito di testimoniare un epoca dove sembrava possibile poter fare tutto e dove la grande industria italiana, che non aveva ancora subito pesantemente la fascinazione del persuasivo linguaggio pubblicitario, finanziava lavori straordinari, frutti di una creatività non vincolata da codici utilitaristici: cose che purtroppo, almeno con tale purezza e intensità, non si sarebbero più viste.
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