Come formiche
Come
formiche
che
si trascinano un pezzo di pane più grande delle loro necessità
vi
ho visto spegnere mille sorrisi,
sputare
in faccia alla felicità,
calpestare
mille volte il fiore della poesia,
rinnegare
la ricchezza degli attimi,
cancellare,
coprire con profumi violenti,
con
capi colorati, con sorrisi isterici,
l’inesorabilità
del tempo,
la
giustizia universale della morte.
Come
illusi di egoismo eterno,
vi
ho visto recidere la vita ancora prima che nascesse,
acquistare
oggetti complicati e costosi
per
poter coprire le vostre colpe
le
vostre distrazioni e disattenzioni.
E
non avevate neanche la faccia di un nemico che si possa rispettare,
eravate
maschere di sorriso
prima
di attaccare, di ferire.
Come
bambini che si coprono gli occhi per nascondersi,
per
non accogliere la magica poesia del limite e delle vostre umanità
vi
siete dovuti inventare mille dei,
mille
storie che vi convincessero almeno per qualche millennio,
quando
bastava aprire gli occhi ed affacciarsi sull’infinita inesorabilità
dell’universo e del tempo
e
ritrovare le sue stesse leggi nel piccolo, fugace tepore di un abbraccio,
di
uno sguardo attento,
nell’amore
per gli altri,
nell’istante
magico di una corsa e di un cuore che batte,
nella
bellezza di un mondo soltanto immaginato oltre una curva,
per
abbracciare, finalmente senza più difese, la vera, disarmante poesia
dell’incertezza,
della
precarietà,
dell’attimo
che c’è ed è già l’attimo che sta arrivando,
per
non dover più morire ad ogni istante,
per
poter vivere davvero.
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