Pixel e risoluzione: le impostazioni ottimali per i differenti usi dell'immagine
Ogni
immagine digitale è composta da blocchi chiamati “pixel”, abbreviazione di “picture
elements”. Per scovarli basta semplicemente ingrandire l’immagine e, al
massimo livello d’ingrandimento consentito dalle sue dimensioni, appariranno dei quadratini, i pixel, appunto.
Ogni
singolo pixel contiene informazioni inerenti il suo colore, l’intensità di quel
colore e il suo grado di luminosità.
Queste
informazioni vengono abitualmente denominate “HSB”, sigla di “Hue,
Saturation, Brightness” (Tonalità,
saturazione e luminosità).
Quando
guardiamo un’immagine digitale di buona o media qualità non percepiamo i pixel
ad occhio nudo, ma soltanto i graduali cambiamenti di luci e ombre e di tono e
colore, in un percorso visivo “delicato”, caratterizzato da toni continui.
La
risoluzione, la qualità e la resa dei dettagli di un’immagine digitale sono
determinate dal suo numero di pixel. Di solito si parla di milioni di pixel: ad
esempio la sigla “20 MP” (mega pixel) equivale a 20 milioni di pixel.
Anche
le dimensioni massime di stampa consentite di un’immagine sono strettamente
correlate al numero di pixel che la compongono. Per tale ragione la risoluzione
è un elemento fondamentale per determinare la qualità di un’immagine digitale,
anche se non l’unico.
La risoluzione per la stampa di
un’immagine digitale si misura in “pixel per inch” (PPI), che in italiano potremmo tradurre come “pixel per pollice”.
300
PPI è la risoluzione standard per ottenere stampe di buona qualità .
È abbastanza semplice calcolare le
dimensioni di stampa massime consentite dalla nostra fotocamera. Ad esempio per
calcolare le dimensioni di stampa di un’immagine composta da 12 milioni di
pixel (“12MP” mega pixel), scattata con una fotocamera con un sensore 4,288 x
2,848 (12 milioni di pixel in totale), è sufficiente dividere 4,288 e 2,848 per
300ppi e si otterrà 19 pollici e 14
pollici, che tradotti in centimetri saranno 37 x 24 cm.
Riporto una tabella che potrà semplificarci il compito
Bisogna
tener presente che 300ppi è lo standard ottimale di stampa, ma è un qualcosa
che dipende molto ad esempio dalle dimensioni della stampa, dalla stampante
utilizzata e dalla distanza dalla quale devono essere visualizzate le immagini
(le stampe di una certa grandezza vanno naturalmente guardate da una distanza
maggiore). In
molti casi potrebbero essere considerare soddisfacenti stampe con
risoluzione di 200ppi o addirittura inferiori come di 150ppi.
Per
maggiori informazioni sui sensori delle fotocamere e sulle loro caratteristiche
leggete qui.
Le risoluzioni standard per la
visualizzazione da schermo sono di 72ppi per i sistemi Windows e 96ppi per i sistemi Machintosh; quindi
in questo caso sono necessari livelli di risoluzione decisamente più bassi di
quelli richiesti per ottenere rese di qualità nel processo di stampa .
Ad
esempio, con una risoluzione dello schermo impostata a 1024 x 768 pixel,
basterà che l’immagine abbia una risoluzione di 1024 x 768 pixel per essere
visualizzata a schermo in maniera ottimale e per adattarsi perfettamente alle
dimensioni dello schermo.
In
alcuni casi, soprattutto nei manuali delle stampanti, troviamo la singla “DPI” che può un po’ confonderci. “DPI”
significa “Dots per inch”, ossia i “punti per pollice”, i punti d’inchiostro
che una stampante imprime nello spazio di un pollice. Ma non lasciamoci
confondere da queste sigle un po’ pubblicitarie da produttori e per i nostri
calcoli riferiamoci unicamente allo standard del PPI (pixel per inch).
Quasi la totalità dei colori di
un’immagine digitale sono formati dalla combinazione dei tre colori primari
additivi: rosso verde e blu (“RGB” – Red, green, blue).
Ogni
uno di questi tre colori ha nella maggior parte dei casi 256 sfumature
differenti (che vanno misurate da 0 a 255).
Nel
linguaggio digitale ogni uno di questi colori viene denominato “canale”,
quindi un’immagine digitale che ingloba
16,7 milioni di colori possiede 8 bit per canale o, se si conta la somma totale
dei tre colori, 24 bit colore.
“Bit”
si riferisce a “binary digit” (numero binario), l’unità fondamentale in
informatica, che si basa su un sistema di calcolo binario nel quale “0”
equivale a spento e “1” equivale ad acceso.
Ad
esempio, ragionando un po’ per assurdo, un’immagine composta da un unico bit
sarebbe costituita da un “0” (spento, o nero) oppure da un “1” (acceso, o
bianco); un immagine composta da due bit sarebbe formata da “00” (nero), “11”
(bianco) e “01” (grigio medio), oppure da “10” (un grigio con una tonalità
diversa).
Quando
giungiamo a 8 bit per colore abbiamo 256 tipi di bianco, grigio e nero
differenti.
Se
sostituiamo il bianco, il grigio e il nero con i colori primari additivi rosso
verde e blu si otterrà una grande combinazione di colori formata da 256 varietà
di rosso, 256 varietà di verde e 256 varietà di blu, e la loro moltiplicazione
avrà un totale di 16,7 milioni di colori.
Buone
Feste, buone fotografie e buon divertimento a Tutti!
Luigi Ventriglia
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