Progettiamo, costruiamo, attendiamo il futuro con un sorriso vago negli occhi...

 

Progettiamo, costruiamo,

attendiamo il futuro con un sorriso vago negli occhi

e con le mani vuote di presente.

Forse sarebbe meglio essere surfisti del tempo,

essere amanti passionali, gelosi,

sulla cresta dell’onda degli istanti;

senza tanto studiare,

unico nostro maestro forse dovrebbe essere il ticchettio dell’orologio,

come musica di passi di una danza irripetibile.

L’ho capito negli occhi delle persone carissime

che improvvisamente ho visto soffrire e morire,

l’ho capito negli occhi belli che sono stati solo un dono di attimi,

che non hanno avuto nome come le onde azzurre del mare,

l’ho capito nella vana ricerca di parole per cose che non esistono

e che pure erano lì, nell’anfratto buio e colorato del cuore,

quello degli oggetti smarriti,

dove, nonostante tutto, continuano a vivere le paure, i sogni e le speranze.

Oggi, bevendo birra con amici, ho ascoltato dopo tanto la mia voce:

quanta calma, quanta freddezza, quanta maturità;

era quasi come se non me ne fregasse più nulla di tutto,

quasi come se non ci fosse più cuore che batte,

quasi come se non ci fosse più amore.

Poi, nel blu del bagno del locale,

in uno specchio che accoglieva solo il viso,

tra qualche ruga attorno agli occhi della mia non più giovinezza di quarantenne,

ho finalmente ritrovato un po’ di presente e un po’ di passato

e quella verità delle corse in bicicletta, di un bambino che non aveva difese,

che era verità fatta di lacrime e di sorrisi,

che non aveva paura del battito del proprio cuore,

che era eterno e senza futuro,

esclusiva proprietà degli attimi appena vissuti e del presente.

Quanto tempo e quanto impegno c’è voluto

per diventare maestro dell’arte razionale

di questa insensibile, miserabile maturità,

di questa forza che rende deboli,

di questo filtro che toglie il vivace dai colori e il pungente dai profumi.

I maestri del saper crescere e del saper vivere,

aimè, anche con me, come sempre, ci sono riusciti.

Ma ora è tempo di disimparare le dottrine delle scuole sempre uguali;

è tempo degli attimi e degli istanti,

di quella forza che non ha bisogno di difese,

della verità degli occhi negli occhi,

di ritrovare spazio per cose che non hanno un nome;

è tempo del suono del tempo come diapason per i sorrisi.


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