Tutto quello che bisogna considerare quando si scatta una foto in modalità manuale

Molti di voi si staranno chiedendo: “Perché devo scattare in modalità manuale quando la mia reflex, la mia bridge o la mia compatta di fascia alta mi da ottimi risultati anche in modalità automatica o semi-automatica?”.

Ci sono mille risposte semplici da potervi dare , ad esempio perché la modalità creativa da appunto spazio a tutta la nostra inventiva, perché non sempre la luce che vorremmo viene resa in uno scatto eseguito nelle modalità assistite o semi- assistite. Poi bisogna considerare anche che, dopo aver eseguito un’infinità di pose in modalità automatica, ci si rende conto che siamo stanchi dell’imprevedibilità di molti dei nostri scatti, vogliamo crescere e incominciare ad acquisire pieno controllo su esposizione, profondità di campo e messa a fuoco, o vogliamo creare effetti suggestivi semplicemente regolando il tempo di esposizione , magari evidenziando il trascorrere del tempo in un’immagine di un fiume che scorre, o di rami percorsi dal vento attraverso un suggestivo “effetto seta”.

L’argomento è davvero vastissimo, per oggi ci soffermiamo soltanto sulle opzioni che una reflex ci mette a disposizione per la modalità manuale e su qualche altro aspetto da tener presente per poter avere un buon controllo creativo nei nostri scatti.

Per prima cosa ricordati che nella vita non bisogna mai avere il timore di sbagliare per non precludersi la sorpresa e la bellezza degli errori e dei successi, e quindi imposta la ghiera della tua macchina su “M” e, se ti va, continua a leggere questo breve post.

Forse il principale aspetto in una fotografia è quello connesso all’esposizione, ossia quell’aspetto che fa si che una foto risulti troppo chiara, troppo, scura o “perfetta”, ma questo ultimo risultato è sempre soggettivo.
Le regolazioni che gestiscono l’esposizione sono tre: il tempo di otturazione, ossia l’opzione che ti fa decidere per quanto tempo il sensore della tua macchina sarà esposto alla luce (questa opzione viene molto utilizzata anche per catturare il trascorrere del tempo nelle nostre immagini: con lunghi tempi di otturazione è addirittura possibile cancellare passanti e autovetture, ad esempio per poter cogliere un monumento su una strada molto trafficata, o disegnare con la luce);
(Disegno con la luce e resa del tempo in questo particolarissimo ritratto di Pablo Picasso del famoso fotografo Gjon Mili )

l’apertura del diaframma, che ti farà decidere la quantità di luce che colpirà il sensore (aspetto questo, aimè, anche molto legato al costo dell’obiettivo montato, per quel che riguarda le reflex: più sono chiare le lenti, maggiore è l’apertura del diaframma consentita e, naturalmente, più è alto il loro prezzo),  e l’ISO che definisce la sensibilità del sensore alla luce (nonostante i prodigiosi progressi tecnici delle attuali fotocamere in tal senso, opzione questa da usare con la massima parsimonia per evitare una grana troppo elevata, aspetto suggestivo nelle vecchie foto su pellicola, ma dai risultati quasi sempre orripilanti nelle attuali immagini digitali).

Subito dopo l’esposizione, forse va analizzata la profondità di campo, aspetto che regola la zona di nitidezza di una fotografia: un’immagine con una profondità di campo ridotta ha una zona ristretta di nitidezza, mentre una fotoghrafia con una profondità di campo ampia è caratterizzata da una grande zona di nitidezza.

Ci sono tre fattori che regolano la profondità di campo: l’apertura del diaframma, ossia le dimensioni dell’apertura dell’obiettivo: un’apertura grande corrisponde ad un numero basso, come ad esempio f/2.8 e creerà una profondità di campo ridotta, mentre un apertura stretta dell’obiettivo corrisponde ad un numero alto, come ad esempio f/22 e creerà una profondità di campo ampia.
Il secondo fattore che influenza la profondità di campo è la lunghezza focale dell’obiettivo: obiettivi grandangolari o con zoom a 28mm forniscono una maggiore profondità di campo rispetto ad obiettivi zoom, quali ad esempio 200mm o 300mm, con i quali, al contrario, si potranno ottenere suggestivi effetti di sfocato.

L’ultimo fattore che determina la profondità di campo è la distanza focale tra il soggetto e l’obiettivo: più il soggetto sarà vicino all’obiettivo, minore sarà la profondità di campo.
(Nell’immagine sottostante vediamo come la profondità di campo aumenti man mano che il soggetto si allontana dall’obiettivo).
La messa a fuoco automatica nelle attuali reflex, bridge e compatte di alta fascia ha raggiunto livelli tecnici davvero impressionanti, per tale motivo sembrerebbe naturale chiedersi per quale motivo dover spendere il proprio tempo e le proprie energie in tal senso.
Va detto che anche se le attuali fotocamere sono in grado di fornire quasi sempre in maniera automatica immagini molto nitide, ci sono comunque numerose situazioni nelle quali anche l’autofocus più avanzato può fallire, ad esempio in condizioni di luce bassa, quando la fotocamera non riesce a “vedere” a sufficienza, o in mancanza di un contrasto sufficiente per l’individuazione del punto di fuoco. In questa ultima situazione si può optare nello scegliere uno specifico punto di fuoco che il sensore può prendere come riferimento e puntare la fotocamera verso la scena di nostro interesse, purché questa sia ubicata alla stessa distanza, ma in ogni caso ci sono situazioni nelle quali risulta più facile mettere a fuoco manualmente, come ad esempio quando il soggetto principale è situato dietro un primo piano che può confondere il sensore, come ad esempio possono essere finestre, sbarre o rami di alberi.

(Quando decidi di mettere a fuoco manualmente, ricordati sempre di selezionare tale opzione dal comando posizionato solitamente sull’obiettivo, per evitare di opporre resistenza al dispositivo di autofocus e di causare inavvertitamente eventuali danni all’obiettivo. AF=Auto focus; MF=Manual focus).

Buone foto e a presto!


Luigi Ventriglia

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