Come sono fatti i sensori delle fotocamere? Qualche consiglio prima dell'acquisto
Digitale… digitale…
digitale…, ma come sono costituiti i sensori delle fotocamere?
Il sensore di una macchina
fotografica digitale svolge la medesima funzione della pellicola nelle macchine
fotografiche tradizionali.
Sul sensore viene messa a
fuoco, viene “catturata”, la scena ripresa dall’obiettivo prima di essere
trasformata in dati digitali che saranno poi immagazzinati nella scheda di
memoria della fotocamera.
Com’è fatto un sensore?
La superficie del sensore
è ricoperta da una griglia di microscopici elementi chiamati photosite. Ogn’uno di questi photosite
rappresenta un pixel della fotografia: quindi, una fotocamera che produce
immagini di 20 milioni di pixel, avrà un sensore con una superfice ricoperta da
circa 20 milioni di photosite.
(un sensore CCD di una reflex
digitale)
Uno dei componenti
fondamentali del photosite è il fotodiodo,
il quale trasforma la luce in una carica elettrica: maggiore sarà la luce che
colpirà il photosite e più intensa sarà la carica elettrica.
I photosite registrano i
livelli di luce della scena catturata e li convertono in cariche elettriche di
maggiore e minore intensità che sono poi amplificate e inviate a
un convertitore che si occuperà della conversione da analogico a digitale.
I colori
I photosite registrano
unicamente l’intensità della luce, ma non le sue differenti lunghezze d’onda,
quindi non sono in grado di registrare i colori.
Per ottenere un’immagine a
colori, fu ideato un sottilissimo filtro da applicare sullo strato dei
fotodiodi, il Colour Filter Array (CFA),
un mosaico di quadrati rossi, verdi e blu nel quale ogni singola tessera è ubicata
sopra un fotodiodo, permettendo in tal modo a ogni singolo photosite di
registrare le varie intensità di rosso, verde e blu.
(singolo Photosite)
(Colour Filter Array - I
filtri di colore)
(RGB = red, green, blue: i
tre colori della sintesi additiva dalla cui fusione si ottengono tutti gli
altri colori).
Per permettere l’ottenimento
di uno spettro di colori quasi completo, il sensore della macchina analizza
colore e intensità di ogni photosite e li confronta con il colore e l’intensità
dei photosite adiacenti, in maniera da interpolare e valutare colori quanto più
precisi possibili per ogni pixel. Questo viene chiamato “processo di
interpolazione”, e indica il modo con il quale ogni pixel dell’immagine finale
mostrerà uno dei 16,7 milioni ci colori possibili.
Ultimato il processo d’interpolazione,
prima di essere salvata sulla scheda di memoria, a seconda alle impostazioni e
le potenzialità offerte dalla fotocamera, l’immagine viene sottoposta a ulteriori elaborazioni atte ad apportare migliorie ai colori e alle loro
tonalità, a stabilire ottimali luminosità e contrasto e anche a donarle maggiore nitidezza.
I due principali tipi di sensore
Quasi tutti i modelli di
fotocamere digitali utilizzano due tipi di sensore: il CMOS (complementary metal oxide semiconductor) e il CCD (charge-coupled device).
Questi due tipi di sensori
sono molto simili e catturano entrambi l’immagine nella maniera sopradescritta;
l’unica cosa che li differenzia risiede nel modo di processare le informazioni
ricevute da ogni photosite.
(Sulla sinistra, un
sensore CCD “accoppiato” - Sulla destra, un sensore CMOS ad
amplificatori singoli per ogni photosite)
Un sensore CCD è caratterizzato da righe di photosite collegate, o “accoppiate”:
una volta scattata la fotografia il valore di carica accumulato dal singolo
photosite è trasmesso riga per riga per poi venire letto ad un angolo del
sensore prima di essere eliminato.
I valori risultanti sono
poi trasmessi ad un chip che provvede alla conversione analogico-digitale.
Un sensore CMOS possiede photosite
muniti ogn’uno dei propri amplificatori e circuiti: il valore di carica può
quindi essere letto dal singolo photosite e da qui venire direttamente
trasferito al convertitore analogico-digitale.
Entrambi i sensori hanno i
loro pro e i loro contro: il CCD, il tipo più diffuso tra i due, fino a poco
tempo fa era considerato il migliore nel raccogliere la luce e nel produrre
immagini di qualità più elevata. I CMOS erano più economici e necessitavano di
minore energia per funzionare. Attualmente, grazie allo sforzo dei produttori,
possiamo dire che le differenze qualitative tra i due tipi di sensore sono diventate impercettibili se non nulle.
Prima dell’acquisto di una fotocamera
Si spende molta, forse
troppa attenzione sul numero dei pixel offerti dai vari modelli di
fotocamere, ma, prima dell’acquisto di una fotocamera, bisognerebbe considerare anche un altro aspetto fondamentale, ossia le "dimensioni dei sensori", che influiscono enormemente sulla qualità delle immagini finali.
A volte capita di vedere
sul mercato macchine fotografiche che offrono entrambi foto da 20 mega pixel, modelli anche con
prezzi molto diversi tra loro, questo innanzitutto perché non vuol dire che due
fotocamere in grado di produrre immagini di 20 megapixel siano necessariamente
fornite da sensori di medesime dimensioni.
Sensori piccoli hanno
photosite piccoli: per far entrare 20 milioni di photosite in un sensore molto
piccolo i photosite devono per forza di cose avere dimensioni molto ridotte.
I photosite, più piccoli
sono e minore sarà la loro sensibilità alla luce: non riescono a catturare le differenze tonali nelle
aree più buie della scena e tendono a produrre molto “rumore” soprattutto quando si utilizzeranno valori ISO
elevati.
Un telefonino munito di
fotocamera da 20 megapixel, per quanto avanzato sia, non riuscirà mai a produrre
foto della qualità di una reflex da 16 megapixel con sensore 23,5 x 15,7 mm oppure meglio ancora di una reflex di 16 megapixel munita di sensore full frame (36 x 24 mm).
(Formati dei sensori)
Buone foto a Tutti!
Luigi Ventriglia
Commenti
Posta un commento